venerdì 16 marzo 2012

Dare parola al corpo




Alla domanda “Chi sono?” penseremo quasi sempre  al ruolo che interpretiamo nella società, al lavoro che facciamo, ai nostri interessi, hobby, ciò che ci piace. Molto raramente penseremo al nostro corpo… eppure noi “siamo” il nostro corpo. Il corpo sembra andare sullo sfondo della nostra attenzione, come fosse un involucro che ci contiene mentre noi viviamo la nostra vita, completamente identificati nella mente, con i nostri pensieri, con quel continuo dialogo interiore che, sì, ci aiuta a leggere la realtà ed il nostro mondo interno, ma in modo unilaterale.
Drammaticamente, ci accorgiamo del corpo quando è malato ed allora tutto cambia.
Tiziano Terzani parla così del corpo a seguito della sua malattia, un cancro:
  
Corpo.Corpo.Corpo. E' curioso come normalmente,quando si è sani, quasi non ci si rende conto di averne uno e come si danno per scontate le sue funzioni. Basta ammalarsi, però, e il corpo diventa il centro di tutta la nostra attenzione; il semplice respirare, orinare e "l'andar di corpo", come dicevano i vecchi, diventano fatti essenziali che determinano gioia o dolore, che fanno insorgere sollievo o angoscia.(...)mi rendevo conto ogni giorno di più di quanto io dipendevo da lui, di come il suo umore determinava il mio e di quanto grande fosse lo sforzo che io (...) dovevo fare per non diventare suo schiavo".
(Tiziano Terzani, Un'altro giro di giostra, pag.34, TEA Edizioni).
La dipendenza dal corpo quando si affronta una malattia, o un dolore cronico, una tensione, ecc, sembra essere un richiamo a prendere contatto con noi stessi  in modo nuovo, più integralmente, accostando alla solita visione di noi stessi anche il nostro corpo.
Partendo dall’assunto che mente e corpo compongono una unità, senza separazione, constateremo come il pensare ed il sentire sono funzioni identiche che si influenzano vicendevolmente. E come si considera la mente conscia e la mente inconscia, anche il corpo può essere conscio ed inconscio, solo siamo abituati a “pensare”  tale dualità,  e poco a “sentirla” nel corpo.
Proviamoci.
Il corpo è la nostra memoria, la nostra storia “incarnata”; è il  nostro “modo di essere al mondo” costruito dalla nascita, e forse ancor prima. L’ambiente e le relazioni vissute influenzano la nostra struttura psico-corporea.
Per esempio, potremmo aver sperimentato da bambini che mostrarci bisognosi attraverso il pianto ha determinato reazioni spiacevoli nell’ambiente circostante, come rabbia, svalutazione, derisione, indifferenza. Per evitarle, potremmo aver iniziato a reprimere il pianto.
Sul piano psicologico, inizieremo ad associare il pianto a un’ esperienza negativa da non ripetere, ed inibendo tale modalità espressiva, inizieremo a comportarci come fossimo autonomi e forti, non chiedendo più aiuto a nessuno, dimenticando i nostri bisogni originari di accoglimento e sostegno, per esempio. Questo è un meccanismo di difesa, ma al prezzo della nostra spontaneità. Sul piano fisico ciò può tradursi in una  “tensione” dei muscoli coinvolti nel piangere, come i muscoli facciali e del petto. Irrigidire tali muscoli ha la funzione di non far tracimare l’emozione nel pianto, proteggendoci dal vivere reazioni difficili da sostenere, ma nello stesso tempo inibendo quei bisogni che le  lacrime esprimevano pienamente.
Le tensioni muscolari, corrispondenti ai bisogni inespressi, possono diventare “croniche” se ripetute nel tempo, fino a  “rimanere” stabili a prescindere dagli stimoli che le hanno create, divenendo così inconsce. Ci troviamo ora dinanzi ad un inconscio che si manifesta nel corpo. Vi è un tipo di terapia psicologica che accoglie anche la parte corporea dell’uomo e che aiuta a comprendere ciò che "sedimenta" in essa. E' l'Analisi Bioenergetica la quale vede la psiche legata ai  processi energetici del corpo, ossia la produzione di energia attraverso la  respirazione ed il movimento. Attraverso degli esercizi corporei appositamente pensati,  l’Analisi Bioenergetica favorisce tali processi con lo scopo di ampliare l’energia psico-corporea.
Si prende così consapevolezza del proprio respiro e di come si respira, e seguendo le onde respiratorie, si sente ciò che viene “respirato”, ossia il proprio corpo. Si impara a conoscerlo, ad accarezzarlo con il proprio respiro, e come uno sguardo approfondito nella nostra interiorità, si prende contatto gradualmente con le parti in ombra, quelle tensioni che come aree gelate e buie, contengono immobili i nostri antichi vissuti. Il calore del contatto può “scioglierle” e liberare nuovamente attraverso il movimento quell’ energia che apparteneva ed appartiene al nostro Essere. “Dare parola” al corpo è parallelamente il modo  per ricordare e comprendere il perché tale energia  fu bloccata, avvicinandosi con rispetto al senso del linguaggio corporeo.